Di Marta Panizza.
Oggi è l’8 marzo e siamo abituati a definire questa data “festa della donna”. In realtà è la Giornata
Internazionale della Donna ed è un’occasione a livello globale per celebrare i progressi economici, politici e sociali delle donne e per evidenziare i passi ancora da compiere per raggiungere la parità di genere.
Perchè l’8 marzo?
L’origine della ricorrenza si perde tra storia e leggenda. La spiegazione più ricorrente è quella che fa risalire la festa dell’8 marzo alla commemorazione delle oltre cento operaie, morte il 25 marzo del 1911 nel rogo dell’edificio newyorchese della Triangle Waist Company, in cui lavoravano in condizioni terribili.
Altre versioni sulla scelta della data, la collegano ora a uno sciopero di lavoratrici tessili, brutalmente represso a New York l’8 marzo del 1857, ora alla rivolta pacifista delle operaie di Pietrogrado, l’ 8 marzo 1917.Nel primo decennio del ‘900 in Europa, Stati Uniti e Russia il Woman’s Day iniziò a esser celebrato in giorni e mesi diversi.
Si arrivò a scegliere definitivamente l‘8 marzo nel dicembre del 1977, quando L’ONU, con la risoluzione 32/142, stabilì la “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale”.
Che senso ha oggi?
Spesso ci si domanda se questa giornata abbia ancora senso, in quanto si obietta che le donne hanno ormai raggiunto la parità di diritti rispetto agli uomini.
Questo nel mondo occidentale è sicuramente vero sulla carta, le donne oggi hanno gli stessi diritti degli
uomini. Ma nella realtà le disparità sociali sono ancora moltissime, a partire dalle opportunità di lavoro e di carriera. Le donne in media hanno salari più bassi a parità di mansioni, e dopo la maternità spesso devono rinunciare a opportunità di sviluppo professionale perché il lavoro di cura della famiglia ricade
prevalentemente sulle loro spalle.
Inoltre la violenza sulle donne è una piaga sociale che non accenna a migliorare: la violenza domestica, le
molestie, gli stupri e i femminicidi riportati costantemente dai media ci ricordano ogni giorno che abbiamo ancora molta strada da fare nella cultura del rispetto verso le donne.
La disparità tragicomica
La disparità nel trattamento delle donne rispetto agli uomini si manifesta anche in piccole cose: nel
presentare la nuova presidente della Sardegna Alessandra Todde alcuni importanti giornali ci hanno tenuto a precisare quanto è alta, quanto pesa, il suo stato civile ed il numero di nipoti. Io chiaramente ora non dormo la notte perché non conosco né il peso, né l’altezza, né il numero di nipoti di Zaia.
Oppure sempre i soliti importanti giornali titolano “Elly e Giorgia” per riferirsi a Schlein e Meloni. Si è mai
visto un giornale titolare “Matteo e Giuseppe” per riferirsi a Salvini e Conte? Oppure ancora, perché per
tutti è pacifico che il femminile di infermiere sia infermiera, ma hanno dei dubbi che il femminile di
ingegnere sia ingenera?
Stiamo tornando indietro?
La situazione femminile in Occidente è migliorata incredibilmente in questi ultimi decenni. Quando sono
nate le mie nonne nel 1916 non avevano nemmeno il diritto di voto e ora abbiamo una donna Presidente
del Consiglio. Eppure i diritti che noi donne abbiamo faticosamente conquistato possono ancora essere
messi in discussione: se 10 anni fa ci avessero detto che negli Stati Uniti nel 2024 abortire non sarebbe più stato un diritto garantito dalla legge non gli avremmo nemmeno creduto, e invece oggi purtroppo è una realtà. Bene ha fatto la Francia a mettere il diritto all’aborto in costituzione.
Perciò oggi non festeggiamo, ma celebriamo i diritti che abbiamo conquistato e lottiamo per l’equità sociale che ancora dobbiamo raggiungere.

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